Lineamenti di una Non-Scienza del Ritmo


 Claudio Kulesko




Quella che segue è una lettura sinestetica di “Chaos Sive Natura: Electric Tree and Electronic Rhizome” di Obsolete Capitalism Sound System. In coda al testo si troverà una bibliografia minima, utile all’approfondimento delle tematiche trattate.

Link blogspot a “Chaos Sive Natura” e Obsolete Capitalism.

Link bandcamp a Obsolete Capitalism Sound System.

Recensione su Kathodik di “Chaos Sive Natura”, di Stefano Oliva.







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Nel disporsi alla lettura di un’opera transmediale, duplicemente filosofica e sonica, diviene necessario diffondersi, far sciamare l’attenzione su una superficie topologica, arrampicarsi sugli inviluppamenti tra elementi appartenenti a strati differenti, tenere d’occhio gli sviluppi che inavvertitamente si proiettano da un piano a un altro. Laddove la lettura di tradizione classica è dominata e diretta dalla teoria che, come uno stratega, muove le proprie truppe in difesa, attacco o conquista di un obiettivo, l’ascolto filosofico è definito dal trasporto, ossia da una prassi che, indirettamente, produce una teoria. In questo caso, l’ascolto non può fare altro che seguire il beat nel marasma, assemblarsi nel medesimo istante in cui il ritmo si assembla, simbioticamente. La forza di questo demone, la sua costitutiva abilità di trascinamento, sta tutta nella possessione dell’ascoltatore, nell’integrazione di quest’ultimo al sistema automatico di macchine (Marx, 1964: 289 - 300) ritmiche che costituiscono la costellazione di oscillatori − della quale il battito è attrattore perpetuo. Movimenti incontrollati della gamba e della testa somatizzano la cattura del corpo nelle traiettorie del ritmo. Le connessioni stabilitesi tra foglio virtuale, corpo, testo e flusso sonico danno vita a una nuova macchina-estesa di decodifica<>deterritorializzazione, producendo raddoppiamenti, intensificazioni, cristallizzazioni di fiction, concetti e suoni codificati all’interno dell’opera.

Passo dopo passo, il beat vortica su se stesso, modulando autonomamente la propria intensità, costruendo il proprio territorio ritmico. La pulsazione elettronica opera un terraforming contingente, primitivamente non-quantitativo e non-qualitativo – andando perciò a definire la quantità come la frequenza di ripetizione del battito (il moto secondo il numero), e la qualità come il differenziale prodotto sull’ambiente dalla ripetizione stessa (la territorializzazione operata dalla ricorsività). Questa non orientabilità del ritmo, come la non orientabilità di certe superfici topologiche, non permette di derivare né una cardinalità tra due insiemi di punti in adeguamento – in questo caso una corrispondenza funzionale tra punti ritmo e punti ambiente – né di definire una direzionalità necessaria o teleologica del ritmo in uno spazio tridimensionale. Solo in tale assenza di una dicotomia ambiente/oscillazioni possiamo essere certi di trovarci in un ecosistema: un ambiente stratificato in costante divenire, una memoria ritmica incarnata, un ‘echosistema’. Il tempo, la quarta dimensione di proiezione, viene così a coincidere con la stessa ripetizione differenziale, intersecando lo spazio in una località auto-performativa – uno spaziotempo composto da blocchi in relazione, in contrapposizione a uno spazio assoluto newtoniano, perfettamente orientato e attraversato da velocità indipendenti le une dalle altre. Il panorama meta-sonico che se ne ricava è concordante con il modello della fisica quantistica: intensità vibrazionale e densità di aggregazione come parametri sufficienti alla traduzione dell’attività di una materia pre-ontologica, una materia trascendentale rispetto agli enti e all’essere stesso. Un basso fondamentale (Schopenhauer, 2015: 286), anorganico, incondizionato, in grado di produrre l’infinita gamma di modulazioni, melodie, pseudo-armonie e stridenti dissonanze della vita organica, nonché di veicolarne l’agenzia e gli affetti come ‘in un volo di strega’[1] (Deleuze, Guattari, 2002: 32). Gli ambienti e gli ecosistemi emergerebbero dal caos in questo modo: teleonomicamente, ossia per ripetizione spontanea di processi contingenti e costituzione di avamposti nel bel mezzo del marasma; forze del caos, forze terrestri, forze cosmiche, tutto questo si affronta e confluisce nel ritornello (Deleuze, Guattari 2003: 441). L’Iper-ritmo, come il wormhole, connette trasversalmente punti e dimensioni tra loro distanti, causando la perpetua complicazione topologica del tessuto spazio-temporale: un piano caotico dove lo spazio del suono a-venire è a n dimensioni e fenditure, trans-finito e deformabile, fino alla creazione di una n-sfera, cioè una rizosfera (Obsolete Capitalism, 2017: 65).
La molteplicità infinita dei ritmi che si intrecciano, si confrontano e si scontrano, producendo attivamente il piano di consistenza, dà luogo al politeismo – ovvero alla polisemiosi e al polimorfismo − della volontà di potenza. Divenire schizofrenico dell’unica sostanza che si frammenta e diffonde, lacerandosi e ricomponendosi senza mai totalizzarsi. L’equazione ‘chaos sive natura’ sigilla una cosmologia radicale, fondata sull’autonomia e sull’automazione della materia, sul dispiegamento di una molteplicità calendrica e topologica. Dall’abisso caotico del rumore sarà possibile estrarre funzioni, astrarre macchine, tagliare, raccordare e assemblare; ci si accorgerà ben presto che operare a questo livello sarà già costituire un ritmo, anzi, far parte di una macchina ritmica attiva da ben prima che ce ne accorgessimo. Empirismo radicale, impersonale, ecosistemico<>echosistemico.
Una scienza del ritmo, una scienza dalla fondazione impossibile, non può che procedere così, attraverso una contemporaneità empirica di percezione, sintesi e produzione:

il Ritmo non è misura o cadenza, foss’anche irregolare: nulla è meno ritmico di una marcia militare (...) Perché una misura, regolare o no, suppone una forma codificata la cui unità di misura può variare, ma in un ambiente non comunicante, mentre il Ritmo è l’Ineguale o l’Incommensurabile, sempre in transcodificazione (Deleuze e Guattari, 2003: 442; Obsolete Capitalism, 2017: 61).

Postulando una continuità della sola esperienza (ma una discontinuità al livello dei suoi contenuti), i fenomeni si distribuiscono nomadicamente, segnando il proprio passo, conducendoci nel labirinto assieme a loro. Sempre più complesso, sempre più articolato. Infiniti chiasmi di disordine all’interno di ordini più ampi. Infinite isole di ordine in un oceano di disordine. Seguire, percorrere, rincorrere: giungere al ‘ritmo-in-sé’, al ritmo dei ritmi, Caosmo. Una teoria generale della relatività del ritmo.




Bibliografia:



Deleuze, G. e Guattari F.

2002: Che Cos’è la Filosofia?, paragrafo Il Piano di Immanenza, Einaudi, Torino.
2003: Millepiani, paragrafo 1837, Sul Ritornello, Castelvecchi, Roma.


Eshun, K.

2016: More Brilliant than the Sun, 2.Transmaterializing the Breakbeat e 3.Sampladelia of the Breakbeat, Verso, Londra.


Marx, K.

1964: Frammento Sulle Macchine, Quaderni Rossi n. 4, traduzione di Raniero Panzieri, link.


McKenzie, W.

2017: Afrofuturismo, Rizosfera, link.


Nietszche, F.

1989: La Gaia Scienza, frammenti §84 e §109, Adelphi, Milano.


Obsolete Capitalism

2017: Chaos Sive Natura: Electric Tree and Electronic Rhizome, Rizosfera, link.


Schopenhauer, A.

2015: Il Mondo Come Volontà e Rappresentazione, paragrafo §52, Newton Compton, Roma.










[1] Dell’espressione originale ‘ligne de sorcière’ abbiamo preferito mantenere una traduzione letterale, a nostro parere più efficace della traduzione ufficiale italiana ‘linea magica’. 

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